mercoledì 18 novembre 2015

Pubblico qui di seguito la copertina e la PREMESSA del mio LETTERE BIGLIETTI E BIGLIETTINI  EDITO da SIMPLE 



                        PREMESSA

  Ho indicato con “Bigliettini” le mie composizioni più brevi e con “Biglietti” quelle un po’ più lunghe, senza però distinguerle e separarle in capitoli diversi.
  Poiché sono tutte di carattere satirico, in altro tempo le avrei dette classicamente “epigrammi”. Proprio come oltre un ventennio fa, quando ne stampai una trentina, in pochissime copie per gli amici, con il titolo di “Trenta epigrammi”.
  A leggerli allora furono davvero  pochi amici, anche perché ancora non si era diffusa Internet. Ma cambia il tempo e con esso mutano gusti e parole, anche se molte cose poi rimangono sostanzialmente le stesse.            Così oggi ho voluto chiamarli “Biglietti e bigliettini” per significare metaforicamente quegli stessi  modi poetici  storicamente definiti come epigrammi.  Senza presumere avvicinamenti a modelli classici forse inarrivabili.
   Qui mi pare anche opportuno  notare, però,  che col tempo sono caduti in disuso diversi generi di poesia, con vari suoi modi compositivi; e sono venute anche meno alcune funzioni della poesia stessa.  Certamente  per mutamenti di sensibilità culturali conseguenti al cambiamento di strumenti e codici comunicativi nel mondo contemporaneo.
   Ha scritto McLuhan che il mezzo è il messaggio. Oggi le nostre sensibilità non corrispondono più ai
mezzi d’informazione, della scrittura e della poesia dei secoli scorsi. Non utilizziamo più solo il linguaggio della parola scritta. Si ricorre spesso all’efficacia del linguaggio iconico; anzi  siamo oltre la fotografia e la cinematografia del passato, siamo ai linguaggi delle tecnologie in cui sono comprese la video scrittura e la memoria digitale.
   Quale funzione può ancora oggi svolgere la poesia in un mondo caratterizzato da così rapidi cambiamenti, da linguaggi e codici così diversi da quelli del passato, specialmente dentro al mondo digitale, iconico, tecnologico?
   Il nostro è il più antipoetico dei tempi, oltre che per l’ansia della velocità dei cambiamenti,  anche perché esso è il tempo del denaro. Il poeta rischia di chiudersi nell’ascolto della sua sola interiorità e la poesia rischia di autolimitarsi alla lirica. La satira stessa oggi è confinata nelle  battute e nelle macchiette degli spettacoli,  nelle vignette dei giornali.
   Eppure non tutti dovremmo rinunciare alla satira poetica. Essa costituisce un modo espressivo che può avere ancora un suo valore, poiché nei momenti di sosta, di raccoglimento e di riflessione ci può consentire ancora una forma di autonomia di giudizio a fronte della piatta banalità del conformismo; e ci può consentire un rovesciamento dello sguardo sul mondo ancora con la forza e la speranza proprie dello spirito critico e libero dell’uomo.
   Con queste mie composizioni io non vi ho rinunciato; anzi in esse ho raccolto  l’espressione di sentimenti elaborati in rapporto ad esperienze di vita colte direttamente e indirettamente nel quotidiano del nostro tempo, tra rabbia, amarezza, sarcasmo.
   Sono composizioni in versi che ho scritto nel corso di alcuni decenni e che ho qui messo insieme in modo alquanto casuale, non avendo neanche tenuto conto né di datarle, né di disporle in ordine cronologico: soggettivamente il lettore può riferirle al tempo che gli suggerisce la sua personale sensibilità.
   Le pubblico tutte oggi in quanto la spesa editoriale non rappresenta più un sacrificio economico. Ma penso che a leggerle saranno ugualmente assai pochi.    
   Forse  anche perché oggi le composizioni satiriche non sembrano ritenute classificabili come poesia, così come lo erano ancora un secolo fa, poiché non rientrano nelle caratteristiche delimitate da un lirismo introspettivo esasperato, secondo le ultime tendenze , quasi direi secondo la “moda” di oggi.
   Forse anche perché esse non rispondono ai canoni dei gusti correnti, più proclivi alle vignette degli umoristi e alle battute dei comici, così rapide e incisive al confronto di composizioni poetiche che pur sempre richiedono  una certa riflessione per la piena comprensione del testo.
   Forse anche perché siamo in tanti a scrivere (penso che ciò sia un bene) e non molti a leggere, tra cui un certo numero solo lettori di noi stessi autori (e penso che questo sia un male).
   Lo scarso numero dei miei eventuali lettori mi consentirà di non sentirmi in colpa per averne infastiditi molti, sia per  non averlo fatto apposta, giacché questi versi  mi sono venuti da sé, per mio personale sfogo dell’animo, pur avendo io tentato di lavorarci su di lima; sia perché  io non ho spedito di fatto alcun bigliettino o biglietto a nessuno.
   Se qualcuno li leggerà sarà forse solo per puro caso e comunque per sua scelta, giacché non andrò a mostrare me e il mio libretto in una qualsiasi televisione per farmelo comprare.
   E se qualcuno li apprezzasse, in tutto o anche soltanto  in parte,  sento che in qualche modo ne sarei sinceramente compiaciuto e gratificato.