lunedì 23 aprile 2018


                                   25 APRILE  2018

  Per quanto i ricordi siano impressi profondamente per antiche emozioni vissute,  pure gli anni che passano li sfumano e quasi li fanno sparire. Ma a volte bastano solo pochi stimoli per poter riflettere ancora su vecchi avvenimenti.
   Ciò mi accade per molti episodi del passato. E mi accade anche ad ogni 25 aprile, una ricorrenza che mi vive ancora dentro e che  ogni anno mi  rinnova il senso di soddisfazione per la fine del massacro di quella guerra.
   Veramente, l’entusiasmo, l’esaltazione, il respiro di sentirmi libero li avevo già provati l’otto giugno dell’anno prima, cioè nel 1944, quando i tedeschi si ritirarono dai miei luoghi, sotto la pressione delle forze alleate, dopo la rottura del fronte di Cassino e quattro giorni dopo la liberazione di Roma.
   Ora, dentro i ricordi di quei fatti sfocati dal tempo, provo un po’ di malinconia nel cogliere il naturale affievolimento dei sentimenti connessi ad un avvenimento storico che fu così significativo da fissarsi nello spirito del popolo e da caratterizzare  l’avvio della trasformazione del nostro Stato, dallo statuto albertino alla costituzione repubblicana..
    Il sentimento che però si è fatto largo in me nel corso dei decenni trascorsi è quello di tristezza avvertito sin dal 1946, nel vedere i fascisti che avevano appena smesso la camicia nera ricollocarsi nei nuovi partiti antifascisti, specialmente dopo l’amnistia concessa loro da Togliatti. Una tristezza resa più acuta poi, molti anni dopo,  nel conoscere le vicende  del cosiddetto “armadio della vergogna”.
   Un  sentimento che si è fatto amarezza profonda, che non si ricollega però alla Resistenza, ma alla Liberazione, proprio al termine che definisce la festa del 25 aprile, in quanto dicitura che genera ambiguità.
   Infatti la Resistenza è nostra ed è contrassegnata dal nostro orgoglio, per cui il 25 aprile dovrebbe essere definita la festa della Resistenza e non della Liberazione, che può intendersi sia liberazione da parte della nostra Resistenza, sia liberazione da parte dell’ esercito alleato.
   Infatti la Liberazione è il termine passato più ad indicare  l’operazione condotta dall’esercito alleato che non  l’azione sviluppata da una parte del popolo italiano contro i fascisti e i tedeschi. Sicché questo modo di considerare i fatti ha consentito di indicare la liberazione condotta dalla Resistenza come guerra civile combattuta tra due fazioni. E questo mi fa provare  sempre più amarezza.
    Ma la liberazione condotta dagli Alleati non fu invece occupazione da parte di un esercito non più nemico ma non ancora e forse mai diventato amico?
   Noi allora non la volevamo vedere così, cioè come occupazione, perché era troppo grande l’entusiasmo per la libertà riconquistata. Riconquistata, e non regalata! Ma il dubbio ci serpeggiava sin dai primi tempi, quando ci reclutavano per i servizi di cooperazione e ci pagavano con le Amlire!
    Il dubbio aumentò subito poi con le vicende del separatismo siciliano, per cui gli isolani vagheggiavano di diventare la quarantanovesima stella degli USA. sicché il movimento  pareva imporsi stranamente anche  con la banda Giuliano.
   Cosa davvero strana, quella del separatismo. Strana specialmente per noi di sinistra, che potevamo spiegarci quella realtà con le nostre idee contrarie a certi discorsi ed a certi avvenimenti, poiché eravamo sempre più critici nei confronti degli americani e degli inglesi. E in seguito ce lo provarono le basi militari americane concesse dal Governo, o stabilite dalle condizioni imposte dal trattato di pace.
    Mi sono sempre più convinto che la liberazione l’avremmo potuta fare noi italiani da soli sin dall’otto settembre del ’43 se non ci fosse stato il disfacimento del nostro esercito con la fuga del Re e dei capi militari, cioè se non ci fossero stati due misteri forse collegati fra loro e che ancora non si riescono a sciogliere: perché il Re riuscì a fuggire senza essere attaccato dai tedeschi e a giungere incolume a Brindisi? Come fu liberato o sequestrato  Mussolini sul Gran Sasso, senza che ci fosse stata una pur minima reazione dei suoi custodi? Davvero non c’è stata alcuna correlazione tra i due avvenimenti?
   Ipotesi e misteri che comportano dubbi. Ma anche tanta, tanta amarezza in chi crede nelle idee che stanno un po’ più su delle miserie delle vicende umane e, specialmente, delle azioni dei Capi!