STRASCICHI E
STRAZI DI GUERRA
La fine della guerra non fu la fine delle pene e delle disgrazie. Non
solo per i nostri ricordi. Rimasero le
rovine e i lutti. Ma anche le ferite di
dentro, le esperienze più brutte e le lacerazioni emotive. In fondo non eravamo
più gli stessi di prima della guerra e neanche di prima dell’otto settembre.
Quando noi tornammo da Monteflavio, vedemmo prima le rovine materiali:
qualche casa colpita nel bombardamento, la curva a gomito, quella che noi
dicevamo di Cesare Morelli, vicino alla “Fontanella”, saltata per le mine dei
tedeschi. Poi cominciammo a conoscere disavventure e disgrazie di molti
compaesani.
Comunque la guerra nel nostro territorio era davvero finita. Ma continuava
nella mente di un mio vicino di casa appena ventenne. Lo scoprimmo quando per
la strada gridava: Bum! Bum! Baang!
Beeeng! Era già capitato a molti nella prima guerra mondiale. E non erano guariti,
ed erano detti “scemi di guerra”.
Aveva la mente sconvolta dagli scoppi delle bombe. Nei giorni del
passaggio del fronte di guerra era andato a Palombara, e passò per il Ponte di
Stazzano, allorché alcuni bombardieri bimotori inglesi del tipo leggero vi
sganciarono bombe da due o più quintali per abbattere il ponte e impedire la ritirata alle truppe tedesche,
ma non riuscirono a centrarlo.
Una di quelle bombe gli scoppiò vicino, fece una buca enorme, e la terra scavata quasi lo seppellì. Ne uscì
vivo, ma con la mente sconvolta. Da quel momento non faceva che ripetere senza
sosta: Bum! Bum! Baang! Beeeng!
I genitori consultarono i migliori neuropsichiatri, lo fecero visitare
nelle cliniche più qualificate di Roma, ma continuò a ripetere ovunque si
trovasse: Bum! Bum! Baang! Beeeng! Finché lo ricoverarono nel manicomio di
Santa Maria della Pietà su Monte Mario.
Nel ’49 andai a fargli visita assieme al fratello. Ci fecero entrare in
una sala grandissima, affollata di malati. Lo trovammo, ci venne incontro e ci
salutò. Ci guardò, mi riconobbe e apparve normale, parlammo anche. Poi
sottovoce mi disse: Gi’, io lo so che sono diventato matto! Mi venne il gelo a
quelle parole. Capii che rivedendomi si era emozionato e per un momento gli era
tornata la ragione. Ma fu solo un momento, perché dopo qualche minuto
ricominciò: Bum! Bum! Baang! Beeeng!
Tornai a casa sconvolto. Non solo i
morti, non solo i campi di concentramento, i feriti e i mutilati. Anche questo
poteva volere e significare una guerra.
Ma la gente dimentica facilmente. Per la gente la guerra è come un
temporale. Ha paura e cerca ripari. Ma appena
passati i fulmini e torna il sereno si rimette al lavoro, canta, ride e si
diverte. Così alla prima festa, quando ancora si avvertiva nell’aria l’odore e
il rumore della guerra, si ricominciò a fare i fuochi pirotecnici. E i colpi
dei petardi ritornarono ad essere segni di gioia. Ci si capisce ben poco in
questo mondo e con la gente!
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