VECCHIE E NUOVE TECNICHE DI
PRODUZIONE
Guardo la televisione e sono sbalordito. Si
vedono nuovi modi di coltivare e di produrre. Non so che cosa pensare e immaginare per l’avvenire. Il vecchio lavoro dei campi è solo residuale,
sparisce con i vecchi contadini che se ne vanno anno dopo anno. Il nuovo lavoro
dei campi è quello di un’agricoltura sempre più tecnologica. Le colture
idroponiche sono forse solo avvisaglie di applicazioni scientifiche sempre più
avanzate. Le coltivazioni possono addirittura fare a meno delle campagne.
L’agricoltura si è industrializzata. Le innovazioni impiegate sono sempre più
avanzate, con metodi e strumenti che noi vecchi non possiamo immaginare, perché
sono studiati anche in prospettiva aerospaziale, non solo per il terreno dove
poggiamo i piedi. A leggerne, ci appaiono così spettacolari che non si può che
restare incantati.
Già, perché io mi rivedo da ragazzino a
guardare una decina di cavalli che, tenuti con lunghe funi da un uomo al centro, giravano sull’aia a
pestare con gli zoccoli le fave da trebbiare. E mi rivedo poi più grande, proprio
come un’infinità di contadini, faticare un mondo per falciare l’erba e farne
fieno, a mietere il grano con u
surricchju (falcetto) e le cannelle (pezzi di canna in cui infilare
le dita della mano sinistra per proteggerle
da tagli per incauti movimenti del surricchju
con la destra) e le cupelle (
contenitori in legno a forma di bariletti di due o tre litri per mantenere l’acqua o il vino freschi
per quanto possibile, comunque per evitare la fragilità del vetro delle
bottiglie e dei fiaschi).
Mi rivedo anche a vangare il terreno, poi con
la zappa a fare le cofe (piccole
buche in cui porre a dimora alcuni semi di fagioli, di ceci o d’altro) poi
ancora a zappare le piantine di fagioli e di granturco (zzappa’ i facioli e ‘o randurcu) poi ancora a rincalzare le piantine ormai cresciute (rengasola’ i facioli e ‘o randurcu) e
poi ancora, al raccolto, mi rivedo sull’aia improvvisata e provvisoria a
battere i fagioli col correggiato (a
bbatte i facioli co’ u mazzafrustu) e poi ancora a ventilarli (congialli) per pulirli dai residui dei
baccelli secchi che il vento accumulava a bordo dell’aia.
Certo, allora si coltivavano campi
caratterizzati dalla piccola proprietà contadina, in cui è tuttora difficile
introdurre metodi di coltivazione
appartenenti a quel processo di
industrializzazione adeguato ad estensioni ragguardevoli di terreni, d’altra
parte non facilmente applicabile anche perché variamente accidentati.
Ripenso anche alle galline che allora facevano
parte integrante della nostra economia autarchica su cui si basava la vita
familiare. Per la produzione delle uova bisognava aspettare il nuovo tepore primaverile,
per poi esporle trionfalmente sulla tavola pasquale. E per i polli (i pollastri) dovevamo aspettare che le galline si facessero chiocce per la
cova come in “Valentino” del Pascoli:
Poi le Galline chiocciarono, e venne
Marzo, e tu, magro contadinello,
restasti a mezzo, così con le penne,
ma nudi i piedi, come un uccello.
Ora invece le galline sono allevate in
capannoni illuminati e depongono le uova ogni giorno, anche duecento l’anno; e
i pulcini vengono fatti nascere senza le
chiocce, con le incubatrici. Noi contadini allora lo vedemmo fare le prime
volte nel convento dei Passionisti, ed eravamo meravigliati come davanti ad
un’opera di magia.
Ne abbiamo viste, però, poi tante altre. Ed
ora, quando entro in un supermercato, rimango sempre un po’ dubbioso, sempre un
po’ spaesato, come se improvvisamente e contemporaneamente mi trovassi in
luoghi diversi e che stanno agli antipodi del mondo.
Perché come settanta anni fa, ancora mi aspetto
di trovare erbe e frutti di stagione, e invece trovo che nel supermercato le
stagioni sono scomparse, perché in ogni giorno dell’anno trovo frutta e verdura
di differenti stagioni, di ogni genere e di ogni provenienza: trovo insieme
cocomeri, arance, uva e carciofi.
Perché nei campi non ci sono più né u mazzafrusto,né u sappo’ (zappa) né a jocca
pe cova’ l’ova (la chioccia per covare le uova) ma c’è ovunque l’industria
con le nuove tecniche sbalorditive, che sembra facciano miracoli, ma che,
secondo me, alterano e manipolano la natura e che a lungo andare forse snaturano
e fanno male anche all’uomo.
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