domenica 11 marzo 2018


                  SCUOLA  LIBERTÀ  PERMISSIVISMO E…

   Leggo e ascolto notizie sulla scuola. Aggressioni di genitori ed allievi a maestre e professori, denunce, processi, fatti variamente incresciosi. Sbalordisco, mi si accappona la  pelle di vecchio alunno, maestro, direttore didattico.
   Mi tornano in mente ricordi e immagini: col mio grembiule come alunno, come maestro fra i banchi delle aule ad insegnare, come direttore didattico con maestri e maestre che venivano da me per espormi i più svariati problemi educativi che avevano  con i loro alunni, nonché per chiedere permessi e congedi, in un ambito di intesa, di collaborazione, di legalità mai arcigna.
   Non era sempre così, non erano sempre rose, affioravano qualche volta malcontenti e brevi e piccole discordie. Ma la scuola era la scuola! Le famiglie erano ai margini, quasi come sul sagrato, sui limiti di rispetto per la scuola, verso cui avevano stima, contribuendo con atteggiamenti ed esempi a valorizzarne l’opera educativa, esprimendo  ossequio e gratitudine verso coloro che operavano per educare e migliorare i loro figli.
  Infatti allora la scuola doveva essere ed era un ambiente educativo sereno, in cui gli alunni dovevano e potevano avere fiducia, per avere poi fiducia da grandi anche nella società e nello Stato. Infatti, quando un insegnante entrava in aula, essi si levavano in piedi, ammutolivano in segno di rispetto. E gli insegnanti potevano ed avevano l’obbligo di  richiamarli all’ordine, alla buona educazione, all’igiene della persona, alle norme di comportamento e all’apprendimento, poiché era loro assegnato prima di tutto un compito educativo.
  Questa era la scuola in cui gli alunni dovevano acquisire soprattutto il senso di responsabilità con i loro apprendimenti e  comportamenti verso se stessi, verso la società e verso lo Stato, per diventare persone responsabili e cittadini liberi.
   Questa era la scuola dentro una società che poggiava su capisaldi  quali la libertà, la responsabilità, la comunità.
   In riferimento alla libertà, oggi non mi pare che nella società ci sia la libertà di cui tutti cianciano; mi pare invece che ci sia la licenza, che troppi scambiano per libertà. E ciò si riflette nella scuola in cui famiglie ed alunni credono che gli operatori scolastici stiano alle loro dipendenze anziché al servizio dello Stato.
   In riferimento alla responsabilità, oggi non mi pare che si sentano esigenze di responsabilità, invece sono troppi quelli che esigono l’irresponsabilità nella permissività, l’ambiguità morale nella licenza. E a noi, usciti dalla Resistenza e dalla vecchia scuola, la licenza e il permissivismo educativo e sociale al posto della libertà e della responsabilità dolgono, fanno davvero male.
    In riferimento alla comunità, si può affermare che essa sia davvero venuta meno. Una volta  si    parlava di società educante. Ma la società è divenuta “liquida”, come dice un grande sociologo, almeno è divenuta “sfarinata”, come a me piace dire. Infatti non può esserci una comunità se s’impone un  modo individualistico di vita, se ognuno pretende che gli altri siano a suo servizio, che il rapporto con gli altri sia nell’indifferenza, se  gli altri siano comunque e sempre controparte, avversari, addirittura nemici. E ciò si riflette assai negativamente sulla vita e sull’opera della scuola.
   Se non c’è comunità non ci può essere educazione. Perciò da alcuni decenni coloro che possono hanno voluto l’istruzione, poi, peggio, hanno voluto la formazione, ed hanno parlato sempre meno di educazione.
   Senza educazione prevalgono gli egoismi e si mettono gli uni contro gli altri, la famiglia contro la scuola,  gli individui contro la comunità, contro le regole della comunità e della società, e, alla fine, le leggi dello Stato sono ostacoli da aggirare, da eludere, se non da contrastare.
  Senza la comunità, senza il senso di responsabilità non si dà valore alla libertà e non c’è futuro. Non c’è futuro per la scuola né per l’educazione, non c’è futuro per i giovani né per il popolo, Con le contrapposizioni dentro la scuola,  con l’istruzione  senza l’educazione non c’è futuro per il bene del popolo;  c’è solo il futuro per i pochi, i pochi che hanno e che possono perché hanno.
  Se si vuole indebolire e neutralizzare l’opera educativa della scuola con la false  e ipocrite motivazioni della sua democratizzazione e dell’affermazione della libertà degli alunni, si finisce col corrodere concretamente la democrazia, col tradire le nuove generazioni rese più facilmente manipolabili e col minare la solidarietà che caratterizza una  vera comunità. È davvero troppo!

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