CENTO ANNI FA
Quando ero
ragazzo, negli anni Trenta, si celebrava la ricorrenza del 24 maggio, giorno
dell’entrata dell’Italia nella prima guerra mondiale, il cui primo attacco però
avvenne la sera del 23, così come anche racconta mio padre.
Si celebrava
con un giorno di vacanza nelle scuole, con la retorica nazionalista e fascista,
col concorso delle autorità, con bandiere e corteo, con atteggiamenti marziali
dei partecipanti, con la deposizione
della corona d’alloro al monumento dei caduti, con la banda musicale che
suonava la Canzone del Piave , ed anche con l’ educazione e la preparazione delle nuove generazioni alla
guerra.
Si celebrava l’inizio di una guerra che tolse
al lavoro e alle famiglie diversi milioni di giovani e che ci costò
seicentomila morti, anche nel tentativo d’impedire la conquista del potere da
parte dei socialisti.
Dalla fine
della seconda guerra mondiale non si celebra più. Ma altro è la celebrazione e
altro il ricordo: è bene averne memoria, almeno per non ripeterne l’errore,
anche se non si volesse capirne la lezione storica. Ed anche la lezione politica.
Per questo
riporto qui di seguito quanto scritto da mio padre Giuseppe nel libretto “Memorie di un contadino poeta” ,
pubblicato dalla Biblioteca Comunale di Moricone, per interessamento e merito
dell’allora sindaco Augusto Forti.
Mio
padre, classe 1890, era stato richiamato alle armi e il dieci maggio si era
presentato a Roma, al Secondo Reggimento Bersaglieri nella caserma di San Francesco
a Ripa, in Trastevere.
Così
racconta mio padre.
“La mattina del 15 maggio 1915 si sparse la
voce di un ordine di partenza per destinazione ignota. La mattina dopo fu inquadrato tutto il mio battaglione, marciammo verso la
stazione , salimmo sul treno e si partì.
Nelle stazioni, la gente ci salutava con
i fazzoletti….. Attraversammo l’Italia e sembrava che non si arrivasse mai (viaggiavano in tradotta.N.d.a).
Nel
bellunese, di notte, scendemmo in una stazione di cui non seppi mai il nome.
Fuori di essa c’inquadrammo e poi cominciammo a marciare per una via in
salita…….. Dopo qualche ora di salita…
la nostra stanchezza era diventata enorme. Allora procedemmo a strappi. Si
camminava un po’, poi ci si fermava con lo zaino a terra, poi ci si arrampicava
ancora e ci si fermava di nuovo; così andavamo verso la cima.
…………..Arrivammo ad un varco, con poche casette, chiamato Frassenè. Era
il venti maggio (Con la tradotta, avevano
viaggiato per cinque giorni. N.d.a). Verso sera prendemmo un po’ di rancio.
Dormimmo per terra in alcuni locali ed appoggiammo la testa sullo zaino. Il
giorno dopo ci fu un po’ di riposo; procedemmo alla pulizia delle armi e furono
fatti esercizi di guerra.
Il giorno ventidue ci fu dato l’ordine di salire sulla montagna in pieno
assetto di guerra. Appena preso il caffè, prendemmo per una mulattiera che a
zigzag saliva verso la cima del Monte
Luna, di circa duemila metri, verso i confini austriaci.
Era già passato mezzogiorno, quando
salimmo sulla vetta e ci affacciammo sui confini. Là, il nostro comandante ci
fece un breve discorso, dicendoci che da un momento all’altro sarebbe arrivato
l’ordine di varcarli. Ridiscendemmo a Frassenè e, quando vi giungemmo, era già
ora del rancio; ce ne fu dato un poco e poi tornammo a dormire nel nostro
giaciglio.
La mattina del ventitré ci fu dato ordine di marciare per varcare i
confini. Era la guerra. Ci fu dato il solito rancio alla solita ora, poi
cominciammo la marcia per una mulattiera, che da Frassenè scendeva a valle,
verso un paesino chiamato Sagron, posto appena al di là dai nostri confini.
Marciammo tutto il giorno. Verso l’ora tarda cominciò a scendere dai
monti una nebbia fitta; e insieme scendeva una pioggia minuta, dolce, che
appena si sentiva sulle nostre spalle. Sotto quella pioggerellina passammo il
confine ed entrammo in una valle per il Passo Cerreto. Cominciava a far notte,,
noi eravamo bagnati e lo zaino era diventato molto pesante: ci fu dato l’ordine
di buttare lo zaino a terra e di dormire.
…….La mattina prendemmo il caffè e, zaino in spalla, si riprese a
marciare verso Fiera di Primiero, che sta lungo la carrozzabile per Passo
Rolle. Più tardi incontrammo due sacerdoti che si dirigevano verso Sagron,
ormai rimasto alle nostre spalle; come sospetti di spionaggio furono presi e
portati via”.
Voglio notare, inoltre, che anche la Canzone
del Piave parla del 24 maggio come primo giorno di guerra:
“Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio
Dei primi fanti il ventiquattro maggio:”
Dei primi fanti il ventiquattro maggio:”
In realtà mio padre attraversò il confine il
ventitré a sera. Ciò è anche confermato dal Corriere della Sera del lunedì
24/5/1915 il cui articolo di fondo, sotto la data del 23/5/1915, inizia:”La
guerra all’Austria è ufficialmente dichiarata. Sin da ieri l’on. Sonnino aveva
telegrafato al nostro ambasciatore a Vienna incaricandolo di presentare al governo
austroungarico il testo della dichiarazione di guerra”.
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