sabato 11 luglio 2015


            SCUOLA E…SCUOLA DI MASSA
    C’erano scuole elementari quasi dovunque allora, negli anni Trenta e Quaranta, quando io ero ancora ragazzo e  poi ventenne. Ma nel mio paese c’erano solo scuole elementari. Per il ginnasio e altre scuole bisognava recarsi ad almeno venticinque chilometri, con l’autobus che partiva al mattino presto e poi tornava la sera tardi, oppure con un carretto o una bicicletta.
   Studiavano solo alcuni agiati in pensionati familiari; e solo qualcuno arrivava alla laurea. Alcuni fingevano di avere la vocazione religiosa per studiare nei conventi, conseguire un diploma, una carta su cui contare per un mestiere comodo e poi buttare la tonaca.
   Tra i molti che non potevano proseguire la frequenza scolastica, solo chi aveva sete di sapere leggeva libri. Io che non avevo potuto studiare mettevo anche un solo soldo da parte per comprarmi dei libri. Finita la guerra, poi, con i partiti di sinistra noi ci nutrivamo di ideali di libertà e di giustizia, di uguaglianza sociale. Aspiravamo alla frequenza della scuola, perché volevamo il diritto all’istruzione per tutti.  E la scuola e l’università davvero furono date a tutti. In seguito furono date a tutti anche le biblioteche comunali.
   Ma poi le scuole e le università diventarono solo scuole e università di massa; e le biblioteche si rivelarono solo come fonti d’affari per librai ed editori. Infatti chi ha sete di sapere i libri se li compra da sé, con sacrifici, li vuole disponibili e li custodisce in casa, perché ha bisogno di strutturare le proprie conoscenze e il proprio sapere con i libri a portata di mano, sentiti come fonte di colloqui, di ricerche, di riflessioni e di confronti.
   Oggi possiamo osservare che l’università di massa nonha sfornato solo le eccellenze del sapere ma anche una torma di mediocri, aggrappati al solo valore dei titoli, cioè ad una carta attestante un certo grado di conoscenze, utile per  incorniciarla a un parete e per ottenere un posto nel lavoro. E sono questi mediocri che guardano dall’alto in basso i non laureati, ritenendosi essi posti un grandino più su degli altri nella scala sociale più che in quella del sapere.
    Li ho notati specialmente dentro la piccola burocrazia di provincia, ma non solo, sempre pronti alla domanda: Ma quello è laureato? Già perché essi dividono il mondo nelle due categorie di laureati e non laureati. Pronti ad un sorrisino di compiacimento quando vengono a sapere che qualcuno non ha una laurea.
   Guardano sempre dall’alto in basso i non laureati. Risibili. Non sanno essi, i mediocri, che la scuola e l’università lasciano l’intelligenza di ciascuno per quella che ci è data dalla natura e non l’aumentano di un ette. Non sanno i mediocri che Serao, Mussolini, Sciascia, Mastronardi e tanti altri personaggi erano semplici maestri elementari; che Montale (premio Nobel) era solo un ragioniere, che Quasimodo (premio Nobel) era solo un geometra, che Emilio Salgari aveva solo frequentato un istituto nautico, che D’Annunzio e Croce non erano laureati, che Grazia Deledda (premio Nobel), Trilussa, Franklin, Edison e Marconi erano solo autodidatti ( e questo solo per nominarne alcuni).
    Così il problema della scuola e dell’università di massa diventa un problema grande “come una casa”. Con la conseguente domanda: a che serve l’università se dopo la laurea c’è il rischio del semianalfabetismo di ritorno? Lo dicono De Mauro e tanti altri professori universitari: molti dopo alcuni anni dalla laurea non riescono più a interpretare neanche un articolo.
   Forse occorrerebbe selezionare meglio e pagare molto di più gli insegnanti che nelle scuole, sin da quelle primarie, provvedano veramente ad educare i giovani all’amore per la conoscenza in sé e per sé (dice il Poeta: “Fatti non foste a viver come bruti, Ma per seguir virtute e conoscenza” Inferno- Canto XXVI). E se ciò non fosse possibile, bisognerebbe creare difficoltà di frequenza a coloro che perseguono solo lo scopo di acquisire comunque un pezzo di carta per esercitare un mestiere; perlomeno bisognerebbe tenere comunque lontani dall’insegnamento nelle scuole questi mestieranti   mediocri. 
   Si capisce, lo dico per paradosso. D'altra parte che cosa ci si può aspettare da coloro che, non avendone una propria, si rivestono di una personalità presa in prestito da un abito, da una divisa, da un ruolo, da un titolo? Come non ci si può nobilitare con la semplice acquisizione di un titolo nobiliare così non ci si può nobilitare col conseguimento di una semplice laurea! 
   Lo dico anche con amarezza, nel vedere a che cosa si riduce il sapere in una civiltà di massa, a che cosa si riduce l’uomo quando è messo nelle condizioni di divenire solo uno strumento dello sviluppo tecnologico  e del processo di massificazione culturale.
  

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