PRIMO ATTACCO AEREO
Da settembre del ’43 i tedeschi erano anche nel nostro paese, sempre più
odiati, e noi sempre più in allarme per
sfuggire alle loro retate improvvise. Solo un po’ di fascisti potevano
guardarli con simpatia, alcuni con complicità.
Infatti, comunemente non li avevamo mai
sopportati, perché i nostri genitori avevano combattuto contro di loro sull’Isonzo
e sul Piave e per vent’anni ci avevano raccontato delle loro battaglie e del
gas che avevano buttato nell’offensiva di Caporetto. Tutta la propaganda e la
retorica di Mussolini erano solo riuscite a sopire ma non a cancellare
l’antipatia e l’antico rancore che avevamo per loro.
In quei mesi d’inverno del ‘43, per tutti noi non era stata una vita
serena, con la scarsa disponibilità dell’elettricità e con le luci spente per
il coprifuoco, tanto che la sera ci si muoveva con i tizzoni come nel medioevo,
con la penuria dei cibi, e i boati dei bombardamenti lontani e le minacce di
retate dei tedeschi. Ma prima con lo sbarco di Anzio avvenuto da poco, poi con le notizie che si captavano di nascosto da
Radio Londra, ai primi fiori di marzo ci si aprivano speranze per uscire
definitivamente dall’incubo in cui eravamo precipitati.
Noi del paese andavamo in campagna come sempre. Anche quel giorno degli ultimi di marzo, io,
mio fratello e mio padre ci eravamo andati. Era una giornata bellissima,
come erano le giornate di primavera di quegli anni. Come erano stati belli i
giorni precedenti, benché turbati dai tanti avvenimenti di guerra, che però a
noi sembravano lontani, anche se avevamo vicino i depositi di bombe e sopra di
noi passavano ogni giorno veloci caccia e lenti stormi di quadrimotori che facevano
tremare la terra col rombo sordo e lontano dei loro motori.
Quando passavano i quadrimotori, quelli detti”Fortezze volanti”, io mi
mettevo a contarli nel cielo così come erano disposti a squadriglie. Se
volavano più in basso, erano in genere ventiquattro o al massimo trentasei,
allora il bombardamento avveniva di solito un po’ vicino, anche lungo la
ferrovia Roma- Firenze; se ne contavo intorno a ottanta o centoventi, allora
non solo si vedevano altissimi, ma poi il bombardamento avveniva abbastanza
lontano, in direzione di Orte o di Civitavecchia.
Quel giorno invece ero da solo a vangare e vidi improvvisamente due caccia
angloamericani che da Montorio a bassa quota saettarono oltre Montelibretti, uno dietro
l’altro. Subito dopo, il primo aereo fece una sventagliata di mitragliatrice:
immediatamente vidi innalzarsi un
fiammata e poi una colonna di fumo. Poi vidi che il primo caccia fece un giro
intorno alla zona del fumo, ma non vidi più l’altro aereo che lo seguiva e
immaginai che la fiammata l’avesse inghiottito e arso.
Difatti lo vidi dopo liberati, nell’estate , quando gli inglesi
requisirono noi giovani per portarci
ogni giorno con i camion nelle scuderie di Montemaggiore per accudire
muli e cavalli in cambio di poche Am-lire, con cui ci pagavano. Ogni volta che
passavamo, vedevo la carcassa di quell’aereo poggiata fra gli ulivi a metà
costa di una collina, sulla destra della strada prima di arrivare a
Montemaggiore. E vi restò ancora per più di qualche anno, prima che i contadini ne liberassero il terreno per i
loro lavori.
Io avevo circa otto anni e ho sempre ricordato quel giorno che stavo a Santunicola e c'era anche zio Assunto (detto Camarda ) che aiutava papà, credo a sistemare la vigna; io stavo "pulendo" i due pini che papà aveva piantato ai lati del cancello un anno o due prima. All'improvviso il rumore degli aerei che passavano a bassa quota sui Colli di Montorio; poco dopo crepitii ed un esplosione; corremmo subito per metterci a riparo ma non servì farlo perché si vide una colonna di fumo verso la Salaria e gli aerei, secondo me che sentivo e non vedevo la zona bassa, erano andati via! Quando lo raccontavo agli amici, sembrava che me lo fossi inventato. Ma sinceramente pensavamo avessero colpito un deposito di carburante verso Acquaviva. Non sapevo fosse il 13 di marzo. Grazie Giggi che hai dato un senso al mio ricordo.
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