giovedì 25 giugno 2015


 
                         GUERRA   D’ ABISSINIA

   Non ricordo quando fu dichiarata la guerra d’Abissinia, ma ricordo l’entusiasmo della gente  del mio paese ad ogni notizia di avanzata del nostro esercito, sia delle colonne che muovevano dall’Eritrea, comandate dal generale e quadrunviro De Bono, che di quelle che muovevano dalla Somalia e comandate dal generale Graziani.                                                                                                                         Ricordo che un giorno vidi una scena che non ho mai più dimenticato, poiché mi aveva turbato molto: una donna gridava disperata, mentre gli uomini della pretura procedevano al sequestro e portavano via dalla sua casa una vecchia macchina per cucire, un tavolo, le sedie e dalla stalla un maiale.                                      Dicevano che il sequestro veniva ordinato perché in famiglia non erano riusciti a pagare le tasse. Era una scena straziante. Poi, però, per ottenere il dissequestro e pagare le tasse, il marito della donna e padre di alcuni figli, partì volontario per la guerra d’Abissinia. Anzi, poi, finita la guerra d’Abissinia, partì volontario per la guerra civile di Spagna; e pure un suo figlio partì volontario per la stessa guerra di Spagna, perché era diventato maggiorenne.                                                              Ricordo anche  che per quella guerra all’Italia furono applicate le sanzioni dalla Società delle Nazioni. Il Duce fece scatenare una intensa propaganda di reazione contro la Società delle Nazioni e, particolarmente, contro l’Inghilterra in quanto negavano al popolo italiano il diritto al possesso di colonie, il diritto al “posto al sole” come allora dicevano.                                                                                        Ricordo che per suscitare moti di reazione nel popolo, fecero murare anche nella piazza del mio paese una lapide in cui era incisa la protesta contro l’ingiustizia delle sanzioni comminateci dalla Società delle Nazioni.         Per far fronte  alla penuria della farina di frumento, disposero che nei negozi si potesse vendere solo farina per due terzi di frumento e per un terzo di mais. Questo per chi doveva comprare la farina, ma quasi tutti in paese avevamo il grano che si macinava al mulino.                                                                                                                         Ricordo, inoltre, che in un giorno preciso fu proclamata la giornata per il dono dell’oro alla Patria per  fronteggiare le ingenti spese della guerra. Misero un grosso contenitore su un grande tavola in mezzo alla piazza: e io vedevo le donne che vi si recavano e, alla presenza del segretario del fascio, della guardia municipale e del podestà, vi depositavano collanine d’oro, spille e  fedi nuziali in cambio di fedi d’acciaio. Era la cerimonia di un “dono” sotto il controllo occhiuto delle autorità, cui non si poteva sfuggire, specialmente col “dono” delle fedi cui le donne  soggiacevano piangendo segretamente.                                                          Quasi tutte le mattine mio padre mi mandava a comprare il giornale, che si vendeva presso l’ufficio postale, un po’ distante da casa. Andavo a comprare Il Popolo di Roma e lo leggevo anche camminando. C’erano spesso dei capannelli di uomini che volevano avere notizie della guerra d’Abissinia, ma non sapevano leggere o capire gli articoli; alcuni di loro sapevano solo fare la firma, altri avevano frequentato la seconda o la terza elementare.                                           Un giorno, vedendo che io leggevo il giornale, alcuni di capannello mi chiesero chiarimenti sull’avanzata delle nostre truppe. Rimanevano con gli occhi stralunati perché  gli mostrai sulle cartine del giornale le linee dell’avanzata delle truppe di Badoglio, che aveva sostituito De Bono e le linee dell’avanzata delle truppe di Graziani, che procedeva da sud, in direzione della capitale Addis Abeba. Ma erano incantati dalle vittorie di Mussolini; e del popolo abissino forse sapevano solo che era nero.

 

 

 

 

 

Nessun commento:

Posta un commento