venerdì 5 giugno 2015

                                           LE BATTAGLIE FASCISTE

  La battaglia del grano dette risultati sicuramente positivi, puntando non sull’aumento delle aree di semina, ma sulla produttività delle varietà, che in quegli anni anche da noi s’imposero con quelle che ancora oggi ricordo più diffuse da noi: Reatino, Carosello, Roma, ecc. Ricordo che però da noi non rendeva più di tredici volte il quintale di semina, per cui sentivo i contadini del mio paese lamentarsi della scarsità del raccolto.
  In effetti, la battaglia del grano non riguardò il territorio del nostro paese, caratterizzato dalla piccola proprietà contadina. I piccoli appezzamenti non consentivano una coltivazione intensiva. Ogni contadino in genere provvedeva alla semina del grano necessario al consumo familiare o poco più.
   La lavorazione dei campi (aratura e semina ) era affidata ai bovari, che possedevano una o due coppie (vette, in dialetto) di buoi da aggiogare all’aratro. Neanche nelle terre del principe Torlonia, per quanto estese, si realizzò effettivamente la  battaglia del grano, perché venivano suddivise e concesse per la coltivazione del grano ai molti bovari della zona, sicché ne risultava una coltivazione frazionata, come se fosse costituita da centinaia di piccoli campi. Infatti la resa per ettaro continuò ad essere come sempre assai povera, cioè intorno ai tredici quintali per ettaro, nelle migliori condizioni. 
   La battaglia della sanità riguardò la davvero benemerita lotta contro la tubercolosi, con l’istituzione di Consorzi Antitubercolari, con la vendita di francobolli nelle scuola per la campagna antitubercolare e il divieto di sputare per terra con le annesse contravvenzioni (ricordo gli avvisi stampati affissi alle pareti delle osterie).
  E davvero, allora, negli anni trenta, c’erano anche nel nostro piccolo paese diversi casi di tisi, soprattutto di giovani, di cui ancora ho vivo il ricordo, e l’allarme delle mamme che raccomandavano ai figli di non raccogliere eventuali caramelle cadute per la strada (si supponeva che fossero state succhiate e poi abbandonate dagli ammalati, come per gli untori nella peste).

   La battaglia demografica fu sottolineata con la tassa sul celibato: chi non si sposava doveva pagare una tassa annua, mentre venivano premiate le famiglie numerose e le nascite di gemelli. Nel mio piccolo paese nacquero molti più bambini in vista dei vantaggi economici; e ricordo anche due coppie di gemelli cui furono imposti i nomi di Bruno e Vittorio in onore dei due figli del Duce con gli stessi nomi. Fu allora che si diffusero anche i nomi di Benito e Benita.

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