IL TEMPO
DEL FASCISMO
Ricordo bene le manifestazioni fasciste e le divise. Mio padre che aveva
sentimenti antifascisti in casa le diceva mascherate. E davvero la gente,
piccoli e grandi, ne era entusiasta come per i costumi di carnevale. E molti,
però, le prendevano sul serio e si esaltavano.
Piccoli e grandi, perché c’erano i Figli
e le Figlie della Lupa da sei
a otto anni, i Balilla e le
Piccole Italiane da nove a
tredici anni, gli Avanguardisti e le Giovani Italiane da quattordici a diciotto anni, i Giovani Fascisti e le Giovani Italiane fino
ai diciotto anni, i Giovani Fascisti e le Giovine Fasciste da
diciannove a ventuno anni.
E le feste nazionali, le
ricorrenze fasciste e le cosiddette “adunate fasciste” fornivano le occasioni per le “parate” e gli
entusiasmi di andare vestiti in quelle strane fogge militaresche e funeree. E,
ricordo, finivano tutte con cortei, canti fascisti e gagliardetti.
Sembrava tutto organizzato come in teatro. Come nei giorni della visita
di Hitler a Roma. Le donne furono esortate
a vestirsi con i costumi ottocenteschi delle loro nonne per partecipare all’ accoglienza di Hitler
a Roma.
E
le scene erano le piazze, ma soprattutto il Monumento ai Caduti, il cippo a
ricordo del fratello di Mussolini, Arnaldo, e tutte le frasi lapidarie del Duce
riportate a caratteri grandissimi sui muri più evidenti, come: “L’aratro traccia il solco ed è la spada che
lo difende”; “Molti nemici molto onore”; “Chi non è con noi è contro di noi”; “Noi tireremo dritto”; “Chi si ferma è
perduto”; “Io mi vanto soprattutto di essere un rurale”;….ecc.
Scenario di adunanze, rituali, pose oratorie che debordavano dalle radio
di regime e dal cinema, che nel nostro paese potemmo vedere solo per qualche
anno.
Allora, ragazzo, non lo capivo, ma ora mi sembra chiara la manipolazione
delle coscienze dei giovani e delle masse da parte del fascismo, come appare
chiarissimo il culto della personalità, quasi una divinizzazione, del Duce.
E la teatralità delle manifestazioni e dei rituali delle adunanze oggi
mi pare giusto inquadrarla nella valorizzazione che Mussolini per primo seppe
fare delle sue pose, dell’uso del cinema e della radio come strumenti per
l’acquisizione del consenso politico.