mercoledì 29 aprile 2015

                            IL  TEMPO  DEL FASCISMO

  Ricordo bene le manifestazioni fasciste e le divise. Mio padre che aveva sentimenti antifascisti in casa le diceva mascherate. E davvero la gente, piccoli e grandi, ne era entusiasta come per i costumi di carnevale. E molti, però, le prendevano sul serio e si esaltavano.
  Piccoli e grandi, perché c’erano i Figli  e le Figlie della Lupa da sei  a  otto anni, i Balilla  e  le Piccole Italiane  da  nove  a tredici anni, gli Avanguardisti e le Giovani Italiane da  quattordici a diciotto anni, i  Giovani Fascisti e le Giovani Italiane fino ai diciotto anni, i Giovani Fascisti e le Giovine Fasciste  da  diciannove a ventuno anni.
  E le feste nazionali,  le ricorrenze fasciste e le cosiddette “adunate fasciste”  fornivano le occasioni per le “parate” e gli entusiasmi di andare vestiti in quelle strane fogge militaresche e funeree. E, ricordo, finivano tutte con cortei, canti fascisti  e gagliardetti.
  Sembrava tutto organizzato come in teatro. Come nei giorni della visita di Hitler a Roma. Le donne furono esortate  a vestirsi con i costumi ottocenteschi delle loro nonne per  partecipare all’ accoglienza  di Hitler  a Roma.
 E le scene erano le piazze, ma soprattutto il Monumento ai Caduti, il cippo a ricordo del fratello di Mussolini, Arnaldo, e tutte le frasi lapidarie del Duce riportate a caratteri grandissimi sui muri più evidenti, come: “L’aratro traccia il solco ed è la spada che lo difende”; “Molti nemici molto onore”; “Chi non è con noi è contro di noi”;  “Noi tireremo dritto”; “Chi si ferma è perduto”; “Io mi vanto soprattutto di essere un rurale”;….ecc.
  Scenario di adunanze, rituali, pose oratorie che debordavano dalle radio di regime e dal cinema, che nel nostro paese potemmo vedere solo per qualche anno.
  Allora, ragazzo, non lo capivo, ma ora mi sembra chiara la manipolazione delle coscienze dei giovani e delle masse da parte del fascismo, come appare chiarissimo il culto della personalità, quasi una divinizzazione, del Duce.
  E la teatralità delle manifestazioni e dei rituali delle adunanze oggi mi pare giusto inquadrarla nella valorizzazione che Mussolini per primo seppe fare delle sue pose, dell’uso del cinema e della radio come strumenti per l’acquisizione del consenso politico.



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